L’OMS calcola che nel mondo ci siano 450 milioni di persone che soffrono di disturbi mentali, neurologici o del comportamento, e che la gran parte di questi disturbi non siano nè diagnosticati nè trattati. A livello mondiale, i disturbi neuropsichiatrici sono causa di morte per 1.105.000 persone (anno 2002); in 13 mila casi la principale causa di morte è direttamente correlata alla presenza di disturbi depressivi. Secondo alcune ricerche le persone in condizione di disagio mentale sarebbero invece, secondo le stime più attendibili, oltre 900 milioni, circa il 13% della popolazione mondiale.
La somma delle persone in una condizione più o meno grave di sofferenza psichica risulta quindi di un miliardo abbondante di soggetti, cioè un quinto della popolazione globale.
Se riportiamo questi dati alla realtà del nostro paese, possiamo avanzare l’ipotesi che circa dieci milioni di italiani soffrano per un disagio o per un disturbo mentale.
I disturbi mentali più diffusi sono nell’ordine: depressione, schizofrenia e demenza.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2020 la malattia mentale sarà al secondo posto per incidenza sulla popolazione mondiale, dopo le patologie cardiovascolari e prima di quelle oncologiche.
I disturbi mentali costituiscono una delle maggiori fonti di carico assistenziale e di costi per il Servizio Sanitario Nazionale; si presentano in tutte le classi d’età, senza particolari differenze di genere o di ceto, e sono associati a difficoltà nelle attività quotidiane, nel lavoro, nei rapporti interpersonali e familiari, alimentando spesso forme di indifferenza, di emarginazione e di esclusione sociale.
La malattia mentale ha spesso un’origine multifattoriale e quindi necessita di un trattamento integrato (psichiatrico, psicologico, farmacologico, riabilitativo, etc.), che frequentemente ingaggia, oltre che il malato, anche la sua famiglia. Ogni percorso di cura si svolge all’interno di un progetto individuale personalizzato di cui il paziente, oltre che essere il focus primario, deve essere soggetto attivo.
Una guarigione vera e propria dalla malattia mentale si realizza solo in alcuni casi: ad esempio quando i problemi sono di stampo reattivo ovvero causati da forti stress o da contingenze esterne (come spesso accadde nell’ ambito dei disturbi ansia e di quelli dell’umore). Le malattie mentali croniche, invece, a volte non sono totalmente curabili, sebbene siano stati fatti straordinari passi avanti nel loro trattamento; l’obbiettivo diventa quindi gestire al meglio il disturbo, così che la persona abbia la possibilità di condurre una vita il più possibile dignitosa e autonoma.
Mente e corpo
Mente e cervello non sono la stessa cosa, anche se sono legati indissolubilmente. Oltre cento miliardi di neuroni aprono e chiudono nel nostro cervello una miriade infinita di collegamenti, a seconda delle esperienze che facciamo e del significato che diamo loro.
Quando è una parte del corpo a dover essere curata è giusto che il paziente stia a letto, che i medici lo visitino, toccandolo, auscultandolo, facendo delle analisi per trovare la natura del male. Ma la psichiatria si è separata dalla neurologia proprio per l’impossibilità di considerare i disturbi psichici esclusivamente come disturbi del cervello. Non esiste una linea di confine assoluta fra salute e malattia mentale.
Sono quattro le diverse condizioni mentali che una persona può incontrare nel corso della vita:
è la condizione in cui si vive quando esiste un buon livello di soddisfazione dei bisogni, insieme a una soddisfacente qualità della vita: equilibrio, serenità, tranquillità, accettazione del proprio stato individuale e sociale, ma allo stesso tempo curiosità e spirito di iniziativa contraddistinguono tale condizione. Certamente non è uno stato che si raggiunge una volta per tutte e per tutti uguale: nelle alterne situazioni dell’esistenza, il benessere mentale è l’obiettivo verso cui l’individuo tende costantemente;
è la condizione in cui si vive quando si avverte uno stato di sofferenza, connesso a difficoltà di varia natura (negli affetti, nel lavoro ecc.), che comunque si presentano nella vita. Tensione, frustrazione, aggressività o tristezza caratterizzano questa condizione, senza tuttavia che si instauri alcun sintomo specifico. È bene tenere presente che, insieme alla condizione di benessere, una quota di disagio è parte integrante di ogni esistenza;
è la condizione in cui il soggetto vive quando non trova risoluzione alla sofferenza in cui lo pone la condizione di disagio, ovvero quando essa raggiunge livelli di intensità molto elevati. Si passa dal disagio al disturbo quando alla sofferenza prolungata o intensa si accompagnano alterazioni mentali o dei comportamenti. La sofferenza si “clinicizza”, cioè insorgono sintomi psichiatrici specifici: deliri, allucinazioni, ossessioni ecc. Sebbene la condizione di disturbo mentale non rientri nella vita normale, tutti, in situazioni particolari, possiamo incorrere in tale condizione. La condizione di disturbo può essere temporanea se curata efficacemente e in maniera tempestiva;
è la condizione in cui il soggetto vive quando il disturbo si cronicizza: dunque, perdurano nel tempo non solo le alterazioni mentali o del comportamento, ma anche la situazione che le ha determinate. Molto spesso il disturbo si stabilizza per non essere stato curato o per essere stato curato male.
Le quattro condizioni tratteggiate costituiscono il sistema di riferimento entro cui vanno riveduti e collocati i concetti tradizionali di salute mentale. Infatti, la psichiatria moderna considera nettamente falsa e dannosa l’idea ampiamente diffusa nel senso comune, quella che divide la mente umana in due soli stati possibili, lo stato sano e lo stato malato, al quale immediatamente si collegano i pregiudizi della organicità, inguaribilità ecc. In realtà, quella che chiamiamo esistenza normale, comprende anche condizioni di disagio, che possono sfociare in veri e propri disturbi. Si tratta sempre di passaggi sfumati e graduali, spesso reversibili. Ciascuno di noi transita continuamente tra la prima e la seconda condizione, dal benessere al disagio e viceversa; qualcuno può trovarsi nella terza condizione, essere cioè soggetto a specifici disturbi; qualcuno può, infine, stabilizzarsi su un certo disturbo, ponendosi in una condizione di difficile reversibilità.
I principali disturbi mentali
Prima di descrivere i principali disturbi mentali è necessaria qualche premessa. Partendo dalla distinzione tra neurologia, che si occupa delle alterazioni organiche del sistema nervoso centrale e periferico, e psichiatria, che si occupa dei disturbi mentali o psichici, è bene tener presente che tra le due specializzazioni esistono ampie zone di sovrapposizione; ma che la distinzione resta fondamentale. I disturbi che descriveremo sinteticamente sono, dunque, quelli di ambito psichiatrico.
Molti nomi di disturbi psichici sono entrati nel linguaggio comune, col risultato che spesso vengono usati in modo vago o improprio. Talvolta si tratta di espressioni prive di ogni riferimento scientifico, come accade per il termine esaurimento nervoso, utilizzato per segnalare stati di disagio o disturbi in fase leggera. Va detto che alla genericità e improprietà del linguaggio comune, corrisponde un certo disaccordo, sui termini e sulle classificazioni dei disturbi, anche nella comunità scientifica. La premessa più importante, dunque, è la seguente: termini, classificazioni e descrizioni hanno un valore orientativo e consentono ai curanti la comunicazione rapida; men che mai devono essere presi alla lettera, o peggio ancora essere usati da inesperti per “proporre diagnosi” o etichettare situazioni in modo spesso inadeguato.
È uno stato che, in diversa misura, capita di provare, a tutti, specie all’approssimarsi di una prova o di un cambiamento (un esame, un incontro, un viaggio, l’inizio di un lavoro, l’ingresso in un luogo pubblico ecc.); ma può insorgere anche inaspettatamente, senza apparente collegamento con eventi particolari. È caratterizzato da tensione, da una sensazione di timore indeterminato, da una penosa aspettativa di imminente pericolo o di difficoltà, senza che vi sia un motivo ragionevole a giustificarle. Il soggetto, concentrato sulla propria intensa preoccupazione, diviene disattento alla situazione e alle mansioni del momento: è incerto, compie errori, commette gaffe.
Spesso si accompagnano allo stato d’ansia manifestazioni, variamente intense, come sudorazione, senso di affanno, aumento dei battiti cardiaci, rossori, tremori ecc. L’ansia può diventare un disturbo in sé quando si stabilizza nel tempo o quando compaiono crisi ricorrenti; ma più spesso è un sintomo presente in tutti i disturbi mentali.
“Sono preoccupato”, “sono scoraggiato”, “sono disperato”, “mi sento avvilito”, “mi sento vuoto”, “non ne posso più”. Sono le parole che più facilmente possono ricorrere in chi è depresso ed esprime il suo stato emotivo. Lo stato d’animo fondamentale della depressione è per lo più quello di una disperazione triste e cupa, un senso di impotenza verso le cose, l’incombente bisogno di piangere, di fuggire e perfino di morire.
Le cose che normalmente suscitano interesse, piacere e soddisfazione, lasciano indifferenti, annoiati o vengono contemplate con amaro pessimismo. È frequente il senso di commiserazione verso il mondo e verso se stessi. Il depresso perde la capacità di ridere e la fiducia in se stesso, perde la concentrazione e si instaura una lentezza mentale. Sovente si osserva modificazione di appetito e peso, oltre che problemi di insonnia e una bassa libido. La depressione può dare luogo anche a manifestazioni di irresponsabilità.
È caratterizzata da una eccitazione generale dell’attività mentale e del comportamento. Tutto sembra urgente. Il soggetto salta da un pensiero all’altro con rapidità, è superattivo, reagisce in modo sproporzionato agli stimoli esterni. Ma l’attività svolta dalla persona in stato maniacale è per lo più inconcludente e non porta ad alcun beneficio concreto. Spesso lo stato di eccitazione impedisce la concentrazione e tutto si riduce ad un fare – che può essere vario o ripetitivo – senza progetto. Al senso di urgenza può contrapporsi, allora, la frustrazione propria di chi avverte di “girare a vuoto”.
Sebbene le manifestazioni della mania e della depressione siano di segno opposto, il problema di fondo è lo stesso: il soggetto avverte, in entrambi i disturbi, il medesimo senso di incapacità di vivere pienamente e serenamente la propria esistenza.
Mania è uno dei termini più usati nel linguaggio comune con significati diversi da quello appena definito, per lo più come sinonimo della parola ossessione (“Ma è una mania!”, “Ha la mania di pettinarsi”), o riferito a persona perversa (“È un maniaco”, “un maniaco sessuale”). Tali usi, anche se diffusi, sono comunque impropri.
Il depresso è risucchiato nel vuoto, il maniaco gli gira vorticosamente attorno.
Non è infrequente che fasi di maniacalità si alternino a fasi depressive.
Il disturbo bipolare indica un’affezione che comporta due stati emotivi, si tratta di sbalzi d’umore frequenti, anomali, persistenti e incontrollabili. Il caos emotivo derivante da questo disturbo può comportare gravi conseguenze dal punto di vista sociale. È caratterizzato da alternanza di periodi di estrema eccitazione/irritazione e di depressione. Tali periodi si alternano con delle fasi normali dove la persona potrebbe tornare come prima. Questi periodi possono durare giorni, settimane o mesi ma i cicli possono ripresentarsi. Nella maggior parte dei casi la mania precede la depressione. Le situazioni stressanti possono agire da fattori scatenanti.
Il disturbo bipolare indica un’affezione che comporta due stati emotivi, si tratta di sbalzi d’umore frequenti, anomali, persistenti e incontrollabili. Il caos emotivo derivante da questo disturbo può comportare gravi conseguenze dal punto di vista sociale. È caratterizzato da alternanza di periodi di estrema eccitazione/irritazione e di depressione. Tali periodi si alternano con delle fasi normali dove la persona potrebbe tornare come prima. Questi periodi possono durare giorni, settimane o mesi ma i cicli possono ripresentarsi. Nella maggior parte dei casi la mania precede la depressione. Le situazioni stressanti possono agire da fattori scatenanti.
È un disturbo psichico caratterizzato dal ritenersi in pericolo perché perseguitati da uno o più nemici. Eventi quotidiani, usuali comportamenti delle persone, avvenimenti straordinari: tutto è interpretato come segnale di congiure in atto. Si sviluppa un vero e proprio delirio ben strutturato e destinato a durare nel tempo e da esso il soggetto è irremovibile. A nulla serve cercare di convincerlo della assurdità dei suoi sospetti. Lo stato delirante è una sorta di barriera difensiva, eretta per paura del mondo esterno, cui si accompagna l’isolamento dalla vita sociale, con pensieri e sentimenti di diffidenza e ostilità nei confronti degli altri.
Questo disturbo, quindi, non ha nulla a che vedere con gli stati di sfiducia e di incertezza che possono prendere chiunque in particolari momenti di difficoltà nella vita.
È una paura immotivata ed esagerata verso determinati oggetti, persone, animali, ambienti o situazioni. Molte fobie, senza raggiungere caratteri patologici, sono diffuse, oltre che tra gli adulti, anche tra i bambini, come la fobia del buio o dei cani. L’ambiente e l’educazione spesso possono influire nel determinare una fobia: si pensi alla madre che rimprovera il bambino e dice: “se non stai buono ti faccio mangiare dal cane”, “se fai i capricci ti chiudo al buio”.
La caratteristica delle persone che hanno sviluppato una o più fobie è quella di evitare in tutti i modi la possibilità di entrare in contatto con l’oggetto, la persona, l’animale o l’ambiente temuto. Questo fatto può comportare notevoli alterazioni di comportamento e impedimenti nello svolgimento della vita quotidiana.
La persona che ha un disturbo ossessivo si sente costretta, suo malgrado, ad avere pensieri ripetitivi e ad agire secondo comportamenti obbligati (per es., deve controllare continuamente chiusure o aperture di porte, interruttori, rubinetti ecc.; deve pulire ripetutamente suppellettili, strumenti, indumenti o se stessa; deve uscire portando con sé certe cose o passando per certi luoghi).
Il soggetto si sofferma su un’idea assurda ed inappropriata, che avverte come estranea, che lo rende pesantemente schiavo di cose, di luoghi, di riti, perdendo la padronanza di sé e della propria vita. Le ossessioni possono invadere così profondamente la mente di una persona, da renderle la vita impossibile, dolorosa e soffocante. La persona ha la consapevolezza dell’assurdità dei suoi pensieri o del suo comportamento ma senza un aiuto non riesce ad uscirne, queste idee o comportamenti sono incontrollabili. La persona in preda alle sue ossessioni tenta di trovare sollievo effettuando i gesti rituali compulsivi stabilendo spesso un ordine e una particolare modalità.
La fobia è un rifiuto, l’ossessione è un’attrazione inesorabile.
Può essere definita come la finzione inconsapevole ed involontaria di un disturbo, sia del corpo che della mente, per esempio: impossibilità di camminare, paralisi degli arti, amnesie, cecità ecc. Senza rendersene conto la persona imita ed esibisce, a sé ed agli altri, un disturbo che realmente non ha, ma che è convinta di avere. Così facendo, spera inconsciamente di ottenere l’attenzione e l’aiuto degli altri.
L’isterico, in questo modo, fa vedere con una finta malattia solo una parte della grande sofferenza che si nasconde dietro un problema non affrontato.
È il disturbo per cui si ha la convinzione di essere malati senza che ve ne sia reale motivo, e di questa preoccupazione si soffre e ci si tormenta. Non è raro trovare persone che trascorrono gran parte del tempo sottoponendosi a visite mediche, analisi cliniche e pratiche terapeutiche, nel disperato tentativo di conoscere quale “malattia interna” debba assolutamente esserci, per spiegare la loro sofferenza. L’ipocondria è come un’ossessione rivolta verso il proprio corpo vissuto come luogo di malfunzionamento.
Attenzione: l’ipocondriaco è un malato immaginario per la medicina generale, ma diviene un paziente per la psichiatria. Infatti la sua convinzione è falsa, ma la sofferenza è vera.
L’ipocondria non va confusa con i disturbi psicosomatici che sono vere e proprie malattie dell’organismo, determinate prevalentemente da fattori psicologici (ulcera gastro-duodenale, asma ecc.).
Si tratta di due disturbi psicologici che si manifestano attraverso l’eccessiva attenzione per l’alimentazione e per il proprio corpo.
L’anoressia si manifesta prevalentemente tra le adolescenti con un ostinato rifiuto ad alimentarsi, con la conseguenza di un forte dimagrimento che nelle forme più gravi può condurre anche alla morte. L’anoressica vede il proprio corpo, anche se magro, sempre come troppo grasso. La bulimia è caratterizzata da grandi abbuffate di dolci e di cibi ingrassanti, che vengono ingurgitati in gran fretta; quasi sempre di nascosto. Sia le persone anoressiche che quelle bulimiche si procurano il vomito come estremo tentativo di ripristinare il controllo del proprio corpo.
Si tratta di due disturbi psicologici che si manifestano attraverso l’eccessiva attenzione per l’alimentazione e per il proprio corpo.
L’anoressia si manifesta prevalentemente tra le adolescenti con un ostinato rifiuto ad alimentarsi, con la conseguenza di un forte dimagrimento che nelle forme più gravi può condurre anche alla morte. L’anoressica vede il proprio corpo, anche se magro, sempre come troppo grasso. La bulimia è caratterizzata da grandi abbuffate di dolci e di cibi ingrassanti, che vengono ingurgitati in gran fretta; quasi sempre di nascosto. Sia le persone anoressiche che quelle bulimiche si procurano il vomito come estremo tentativo di ripristinare il controllo del proprio corpo.
Esistono altri disturbi mentali, che hanno una sicura base organica (lesione biologica del cervello); tali disturbi, di parziale competenza psichiatrica, coinvolgono anche la neurologia e la medicina generale.
La demenza è un disturbo caratterizzato dalla progressiva perdita dell’intelligenza e della memoria per la morte di un consistente numero di cellule cerebrali. La demenza deriva da cause patologiche (atrofia cerebrale, arteriosclerosi, traumi, tumori cerebrali ecc.), ma anche dal semplice invecchiamento, cioè dal fisiologico deterioramento mentale cui va incontro l’essere umano nel corso della sua esistenza.
È la condizione dovuta ad uno sviluppo limitato della personalità, sia in termini cognitivi che affettivi. Le cause dello sviluppo limitato sono di natura ereditaria, traumatica (nella gravidanza e durante il parto) ed infettiva (encefalite cerebrale). L’insufficiente mentale (o handicappato mentale) è una persona in vario grado meno intelligente e più immatura, sul piano affettivo e comportamentale, della media degli individui.
In conclusione il demente è un ricco divenuto povero, mentre l’insufficiente mentale è una persona sempre stata povera.
È quella condizione per la quale una persona perde la capacità di orientarsi nel tempo, nello spazio e perfino verso le persone più intime e note che non riesce a riconoscere. Più che un disturbo è un sintomo causato da un’aggressione diretta dell’encefalo (intossicazione alcolica, infezioni cerebrali, traumi cranici, tumori cerebrali, arteriosclerosi) o indiretta, come avviene in alcune malattie infettive gravi con febbre alta (malaria, tifo ecc.).
Qualunque disturbo mentale in fase acuta può presentarsi in forma di confusione mentale.
Si tratta di un disturbo caratterizzato da disfunzioni di carattere psicologico e sociale. La persona che ne è afflitta e spesso impulsiva e instabile affettivamente e le sue reazioni creano dei conflitti personali e/o familiari che richiedono molta energia a tutte le persone della cerchia familiare, che possono sfinire, in quanto costretti a vivere una serie di emozioni spesso intense. La persona ha un radicato senso di inadeguatezza. Le relazioni con gli altri sono sovente estremamente instabili. L’equilibrio emozionale, di giudizio e di comportamenti viene compromesso. Spesso si presentano delle condotte inadeguate e radicate (promiscuità sessuale, uso di sostanze, spese eccessive…). La persona ha spesso problemi a sopportare la solitudine e compie sforzi affannosi per evitare l’abbandono.