La qualità di vita dei malati mentali è negativamente condizionata non solo dal disturbo e dalla invalidità che essa provoca, ma anche dalle relazioni con altre persone: attraverso il pregiudizio sociale, le cause e le colpe, il rifiuto e la diffamazione. I pazienti non soffrono solo per un dato disturbo mentale, ma anche per le conseguenze della stigmatizzazione della loro sofferenza e per il danno alla loro identità.
Lo stigma è un segno visibile, ma il disturbo in linea di principio non è visibile. I pazienti psichiatrici non sono discriminati a causa del loro stigma, tuttavia sono discriminati. Le persone che soffrono di disturbi mentali hanno bisogno di confrontare punti di vista diversi per quanto riguarda i propri disturbi, il trattamento e i problemi che incontrano con altre persone.
L’attenzione alla qualità di vita dei pazienti è stata di gran lunga superiore rispetto a quella dei familiari e men che meno verso parenti ed amici.
Indagine realizzata dalla Federazione Europea delle Associazioni delle famiglie dei malati mentali (Eufami), tramite un questionario.
I familiari responsabili (caregiver) dei pazienti psichiatrici condividono un unico destino: la loro vita è dominata dal fatto che si assumono la responsabilità dei membri della famiglia affetti da disturbi mentali.
I fattori principali che interagiscono a determinare la percezione da parte dei familiari della propria qualità di vita comprendono:
1. Età media dei familiari elevata (60 anni, alcuni 80/90anni).
2. Presenza elevatissima di donne.
3. I familiari sono per lo più madri, che frequentemente vivono da sole e non hanno un rapporto funzionante con un coniuge/partner.
4. Conseguenze drammatiche: età, carico di lavoro e salute dei familiari; per quanto attiene alla salute si riscontrano: il rimuginare, la fatica, l’irritabilità, l’insonnia e il dolore alla schiena.
5. Si prendono cura dei pazienti psichiatrici una minoranza di persone, tra le quali: nonni, fratelli, sorelle, amici ecc.
La prima causa di stress sociale è l’indifferenza, il rifiuto, lo stigma che tormentano quanti prestano assistenza a congiunti malati e alle loro famiglie.
Il primo agente stressante: l’inadeguatezza dei servizi. Una rete di servizi di comunità per il trattamento e la riabilitazione dei pazienti permette loro una vita indipendente o comunque in condizioni protette. La scarsa disponibilità di interventi per aiutare i familiari ad essere una risorsa, o a diventarlo, per il proprio congiunto (gruppi di sostegno, informativi, formativi…).
In secondo luogo, lo stigma, l’esclusione sociale.
In terzo luogo un fortissimo costo in termini economici.
Gli stress più gravosi secondo Lefley (1990) sono provocati dal personale dei servizi di salute mentale e da servizi psichiatrici inadeguati.
Tra questi ritroviamo:
1. Atteggiamento di colpevolizzazione verso i genitori. In queste situazioni è lo stesso paziente a colpevolizzare, seguito da psicoterapeuti, parenti, amici, psichiatri, ecc.
2. Incapacità del personale assistente di fornire informazioni e sostegno oppure il rifiuto di comunicare; molti professionisti non si rendono conto del ruolo cruciale dei familiari nel garantire assistenza primaria nella psichiatria di comunità. Inoltre molto forte è il bisogno dei familiari di essere informati sulla malattia e sul trattamento.
3. Ignoranza sul carico di lavoro dei familiari. Il personale non ha familiarità con i problemi della quotidianità. II rifiuto da parte dei professionisti di comunicare con i familiari, ed altri atteggiamenti evasivi, sono largamente dovuti ai loro sentimenti di scoraggiamento e di inadeguatezza, anche se non vengono ammessi ma piuttosto sono minimizzati o razionalizzati.
4. Difficoltà di accesso al trattamento ospedaliero. Si verificano situazioni di emergenza che richiedono l’ospedalizzazione coatta, mancano servizi adeguati per la gestione di situazioni di crisi.
5. Difficoltà di accesso (celere) a un appropriato trattamento ambulatoriale; fonte importante di sostegno per i familiari.
Da ciò discende che i pazienti vengono dimessi dall’ospedale e vengono affidati alle famiglie senza pianificare un trattamento continuativo o un follow-up; con poche lodevoli eccezioni, in Bretagna e in Olanda, i pazienti non dispongono di operatori di riferimento.
Dolore, confusione, rabbia, autocolpevolizzazione, frustrazione, isolamento, sensi di colpa, crollo delle difese psicologiche affliggono i familiari che assistono una persona che soffre di un disturbo mentale.
Le reazioni normali alle situazioni di stress non possono essere evitate, i familiari non possono fuggire e devono tenere sotto controllo la rabbia.
Ovviamente tutto ciò provoca stress e di conseguenza la qualità di vita dei familiari è molto bassa, non potendo essi riuscire a soddisfare altri bisogni umani fondamentali.
Secondo uno studio condotto in Austria, i familiari responsabili hanno dichiarato di trarre beneficio nell’assistere un loro parente malato.
Si tratta di benefici molto diversi: per esempio, una più profonda comprensione della condizione umana; una maggiore tolleranza per il comportamento deviante; la scoperta di nuovi amici tra coloro che si trovano in una situazione simile; la soddisfazione di sentirsi necessari per qualcuno; affrontare una sfida, una maggiore solidarietà familiare, un maggior avvicinamento al coniuge, il conforto della religione.
II ruolo socialmente assegnato ai familiari responsabili è quello di operatori di base nell’assistenza comunitaria ai pazienti con gravi disturbi mentali cronici (caregiver). Si tratta di un ruolo assegnato implicitamente, ma socialmente non riconosciuto né confermato dai tradizionali protocolli di un ufficio.
Quando si chiede ad un familiare responsabile da che cosa dipende la propria qualità di vita, quasi certamente risponderà dalle condizioni del mio congiunto malato. Se lui sta bene, sto bene anch’io, se lui/lei soffre, soffro anch’io. Ciò suggerisce che la soddisfazione di vita dei familiari responsabili è una “variabile dipendente della qualità di vita dei pazienti; i familiari dovrebbero essere sostenuti di diritto e non considerati solo un’appendice del paziente”.
I familiari non possono adempiere al compito loro assegnato nella società senza un sostegno e un riconoscimento adeguati.
Proprio come la qualità di vita dei pazienti determina in larga misura la qualità di vita dei familiari, quella di questi ultimi potrebbe significare una vita migliore per tutti. (qdv)
Luogo di incontro
via Galileo Galilei 20 (stesso stabile Ospedale civile poliambulatori di via Biseo)- 25123 Brescia
ISCRITTA AL NUMERO DI REPERTORIO N.117491 RUNTS PRESSO MINISTERO POLITICHE SOCIALE E FAMIGLIA.